Dopo gli straordinari succesi di “Soundtrack to a Ghost Story” e “Heart of the Cave”, ritorna in Italia The Orhpan Brigade per presentare il nuovissmo Live in Osimo
, realizzato dal vivo al Teatro la Fenice della cittadina Marchigiana alla quale la band si è fortemente legato, ricevendo perfino la cittadinanza onoraria. Osimo e le sue antiche grotte che si dipanano nel suo sottosuolo hanno ispirato la band che ha dedicato alla città un intero disco in studio e un live, impreziosito dalla collaborazione con violinista e fisarmonicista Marco Santini.
Il progetto ha già suscitato l’attenzione dei media che hanno realizzato diversi servizi sulla band, e la città di Osimo e la regione Marche l’hanno apprezzato al punto di inserirlo nella guida turistica regionale e darvi risalto nei tour delle grotte.
“Heart of the Cave” si apre con un’atmosfera antica, sacra e tribale. Il battito di un tamburo. Uno shaker. Un coro. Voci che si levano all’unisono cantando “Non lasciamo che un mucchio d’ossa. Non lasciamo nient’altro”. La storia inizia alla fine perché, indipendentemente dal percorso, approdiamo tutti alla stessa destinazione: la morte del corpo fisico. Accogliere questa verità immutabile richiede fede e rende liberi. Ecco perché il confronto con la mortalità alimenta tanti viaggi spirituali, proprio come ha alimentato questo viaggio artistico.
Mentre erano impegnati nella promozione europea di “Sountrack to a Ghost Story”, che documentava la storia di una casa stregata in Kentucky durante la Guerra Civile, Joshua Britt, Ben Glover e Neilson Hubbard sono stati invitati alla scoperta della cittadina marchigiana di Osimo e delle grotte che da 2.500 anni si dispiegano sotto le sue strade. Un tempo le gallerie ospitavano società segrete e santi che combatterono per Dio con anima e corpo, l’eco delle cui gesta continua a risuonare tra le pareti delle grotte. “Quando siamo entrati, abbiamo subito compreso di trovarci di fronte a un altro luogo traboccante di vita, morte, spiritualità, mutamento e misticismo” ha affermato Hubbard. È stato in quel momento che gli Orphan Brigade, nati per portare a termine un unico progetto, sono diventati una band.
Così i tre artisti sono tornati a unire le forze, facendo confluire le esperienze di carriere individuali già avviate e solide. Ben Glover, originario di Belfast e ora trapiantato a Nashville, si era già fatto conoscere in Italia grazie a Mary Gauthier, che l’aveva voluto più volte con sé in tour. Dotato di una splendida voce, è anche un talentuoso songwriter dallo stile a metà tra Springsteen e David Gray. Neilson Hubbard è ormai uno dei produttori più abili e ricercati di Nashville, al pari di Dave Cobbs, e l’aspetto grafico e multimediale del progetto è stato seguito da Joshua Britt, che se ne è spesso occupato anche per altri illustri colleghi, tra cui John Prine, di cui ha firmato l’ultimo videoclip.
Della loro prima discesa sottoterra, Glover ricorda: “Le prime percezioni fisiche sono state quelle della polvere, dell’oscurità e della pesantezza dell’aria. Poi è stato come essere trasportati in un’altra dimensione, svincolata dal presente. Avevo la netta sensazione che ci stessimo calando nel passato, in un mondo misterioso e antico”. Avendo toccato con mano la vacuità di molti luoghi religiosi, Britt aggiunge: “Si respirava un’aura di autenticità. Incisioni di angeli e demoni nello stesso luogo. Antiche società segrete disposte a sopportare la tortura pur di custodire i propri segreti. Mucchi di ossa umane”. Le grotte erano disseminate di vestigia di amore e perdita, e gli Orphan Brigade si sono messi all’opera.
Il disco ha iniziato a prendere forma già durante quella prima visita, cui è seguito un soggiorno più lungo, di dieci giorni. Invece di informarsi in anticipo sulla regione, i tre musicisti hanno scelto di lasciare che le canzoni affiorassero con naturalezza grazie all’aiuto di un’esperta di storia locale, Simona Palombarani, che ha fatto loro da guida e narratrice. Quasi tutti i brani di “Heart of the Cave” sono fondati tanto sul mistero di Osimo quanto sulla sua storia: “Spiritualità e storia sono invisibili, anche se entrambe lasciano prove tangibili nel mondo” spiega Glover. “Come cantautore cerco sempre di afferrare l’invisibile ed esprimerlo nella melodia e nelle parole, quindi sono attratto dall’enigma di queste vicende”.
Per dare coesione alle singole storie e raccontarle con autenticità, i tre artisti hanno trovato dei parallelismi tra la propria vita e quelle emerse dalle profondità delle grotte. “C’è una forte componente di proiezione” afferma Glover, “anche se abbiamo fatto del nostro meglio per metterci nei panni dei personaggi di cui abbiamo raccontato. In fondo, però, l’album parla di noi e abbiamo usato queste figure per esprimere quello che abbiamo ritrovato dentro di noi”.
I tre terremoti che hanno scosso la terra durante la loro visita hanno costretto i tre musicisti a fare i conti con la propria mortalità e la propria missione. Per citare le parole di Hubbard: “Un po’ come i fantasmi del nostro primo progetto, i terremoti sono diventati una metafora minacciosa della grandezza e del potere di questo luogo e questa storia antichi: l’incertezza e il pericolo che si devono affrontare per camminare sulla via della vera illuminazione”.
Oscurità e pericolo, misticismo e mortalità: conoscere questi aspetti della vita equivale a conoscerne anche l’opposto. Ed è proprio questa trasformazione il cuore pulsante di “Heart of the Cave”. “Essere posti di fronte alle proprie paure e vedere le proprie convinzioni messe alla prova sono aspetti integranti di una vita piena” afferma Britt. “È sempre stata questa la mia fonte d’ispirazione nell’arte. Il lato in ombra delle cose mi spaventa, ma non è l’ombra in sé a ispirarmi, bensì l’effetto che ha su di me quando la affronto”.
“Le grotte hanno fatto da sfondo alle nostre esplorazioni interiori e il tempo trascorso a Osimo è diventata un’esperienza personale intensa, di quelle che cambiano la vita” conclude Glover. “Ci siamo letteralmente addentrati nella terra per cercare queste canzoni e, così facendo, abbiamo trasceso la superficie della nostra vita immergendoci nelle profondità di noi stessi”. Proprio come affermava il motto dei Templari che popolarono quelle grotte, Veritas vos liberabit... La verità vi renderà liberi.
Alla realizzazione dell’album, il cui tour di presentazione toccherà l’Italia a novembre 2017, hanno partecipato anche Gretchen Peters, Barry Walsh, Kris Donegan, Heather Donegan, Dan Mitchell, Dean Marold, Will Kimbrough, Natalie Schlabs, Eamon McLoughlin, Audrey Spillman e Kira Small.