Bocephus King, all’anagrafe James Perry, è una delle più grandi promesse della musica rock canadese. Arriva da Vancouver e più precisamente da Tsawwassen, una piccola cittadina sull’Oceano Pacifico dal fiero nome indiano...
Bocephus King, all’anagrafe James Perry, è una delle più grandi promesse della musica rock canadese.
Arriva da Vancouver e più precisamente da Tsawwassen, una piccola cittadina sull’Oceano Pacifico dal fiero nome indiano. Poco più a sud dello stesso promontorio si trova la cittadina di Point Roberts, contesa nel corso degli anni tra Stati Uniti e Canada, ora territorio americano anche se confinante per 3/4 con acque canadesi e per 1/4 con Tsawwassen. Ed è proprio in questo surreale paese di pescatori che Bocephus King spesso si rifugia a scrivere canzoni. Pochi minuti per varcare il confine e arrivare in un luogo in lotta con la propria identità dove gli abitanti sono cresciuti ascoltando John Prine e gli ACDC. Forti contrasti che si riflettono nella musica e soprattutto nella personalità di James Perry che ha dovuto per necessità costruire un personaggio capace di contenere tutte queste sfaccettature.
Bocephus King sembra uscito dal mondo del vaudeville, un Humphrey Bogart o un Robert Mitchum senza tempo che incontrano al bancone di un diner Tom Waits, Nina Simone e il drugo del grande Lebowsky (si racconta che il buon Jamie se ne andasse al cinema in accappatoio dopo essersi tuffato nelle onde gelide dell'Oceano Pacifico).
Bocephus King ha all’attivo 5 dischi: Joco Music, A small good thing, The Blue Sickness, All children Believe in Heaven e Willie Dixon God Damn, due dei quali (il secondo e il terzo) pubblicati dalla New West Records, etichetta cult di Austin tra le prime ad accorgersi dello suo straordinario talento. Bocephus King si fa conoscere anche in Italia grazie a questi due dischi e il magazine Buscadero gli dedica addirittura la copertina commentando: “è la seconda volta che mettiamo un artista sconosciuto in copertina. La volta scorsa era toccato a Tracy Chapman”.
Bocephus King arriva in tour in Italia infiammando ogni tipo di palcoscenico dove si trova a suonare, da solo in acustico o con la sua band, The Rigalattos. Dal vivo è una miscela esplosiva capace di spaziare tra sonorità blues, gospel, gipsy e country, rileggendo un intero secolo di musica americana. Ci sono echi di Woody Guthrie, Dylan, Springsteen, Waits ma anche Prince, Townes Van Zandt e tanto, tanto Cinema da Fellini a Quentin Tarantino passando per l’estro dei fratelli Coen. In Italia incontra il giovane cantautore Andrea Parodi di cui produce i suoi primi due dischi (Le Piscine di Fecchio e Soldati). Bocephus King torna in Italia e nel Mediterraneo per gettare le basi del suo prossimo disco che come sempre sarà soprattutto un grande viaggio, ricco di contaminazioni.
L’album successivo è All children Believe in Heaven, che ottiene pareri discordanti per le sonorità sovraccariche di sperimentazioni che riflettono anche un momento personale della sua vita fatta di forti contrasti, di momenti più difficili e di gioie infinite come la nascita della sua prima figlia, Stella Bella Blue. A distanza di anni riascoltando quel disco ci si accorge che conteneva canzoni straordinarie come Goodnight forever Montgomery Clift e Jesus The Bookie, con due testi visionari e crudi.
Bocephus King rimette le cose a posto con Willie Dixon God Damn, un album pieno di contaminazioni ma molto più sobrio e solare.
Nel gennaio 2014 l’etichetta italiana Appaloosa pubblica un’antologia completamente rimasterizzata di Bocephus King, Amarcord; un titolo felliniano, per ripercorrere questo viaggio pieno di riferimenti cinematografici e surreali. Una maratona di quasi ottanta minuti attraverso le sue canzoni più belle e alcuni inediti, tra cui una personale rilettura di Senor di Bob Dylan, registrata con due musicisti indiani conosciuti la sera stessa in un locale.
Nel marzo 2015, sempre su etichetta Appaloosa, esce un nuovo disco dal titolo Illusion of Permanence, uno straordinario viaggio musicale da ovest a oriente con sonorità che spaziano dal folk, al rock, alla psichedelia e alla musica araba.
Nell’ottobre del 2015 viene invitato al Premio Tenco di Sanremo incantando il pubblico e la stampa con una toccante traduzione di Autogrill di Francesco Guccini e gli viene concesso l’unico bis dell’intera rassegna. Bocephus King è il mattatore del Premio Tenco, su e giù dal palco, nel dopo Festival al Casinò, perfino in un concerto improvvisato nel quartiere della Pigna poche ore prima della sua esibizione sul palco dell’Ariston.
Nel febbraio del 2016 viene richiamato in Italia per rappresentare il Club Tenco durante il Festival di Sanremo e ritorna con un disco nuovo, doppio, intitolato Saint Eunice, ispirato e dedicato a Nina Simone, dove alterna canzoni originali a cover facendosi accompagnare da una band formata da musicisti internazionali conosciuti in un locale chai di Vancouver nella quale fa parte anche un monaco Tibetano.
Durante questo nuovo viaggio in Italia Bocephus King lavorerà a un nuovo disco di traduzioni dall’italiano all’inglese per esportare la grande canzone d’autore di Fabrizio De Andrè, Paolo Conte, Francesco De Gregori, Piero Ciampi, Bobo Rondelli, Vinicio Capossela, Ivan Graziani e perfino Giacomo Leopardi, di cui ha musicato e tradotto l’Infinito.
Giovedì 18 febbraio 2016 Bocephus King esegue dal vivo l’Infinito di Leopardi nella cattedrale di Recanati ripreso dalle telecamere della RAI e in presenza della famiglia Leopardi.
Il 22 ottobre 2016 è uno degli ospiti della serata finale della quarantesima edizione del Premio Tenco insieme a Morgan, Noemi, Roy Paci etc ed esegue in inglese le canzoni di Luigi Tenco Mi sono Innamorato di Te e E se ci diranno, accompagnato dall’Orchestra Sinfonica di Sanremo diretta dal maestro Mauro Ottolini.
Con questo spettacolo Bocephus King è ospite anche a Umbria Jazz insieme a Gino Paoli, Paolo Fresu e i Negramaro.
Bocephus King non è mai fermo, continua a viaggiare e lasciarsi contaminare da ogni paesaggio, libro, film, musicista e persona che incontra.